Boscaioli, norcini, scalpellini, tagliapietre, muratori, carpentieri, fabbri, ferraioli, terrazzieri, mosaicisti, coltellinai, venditori ambulanti di utensili in legno, arrotini, personale alberghiero. Nel passato, la montagna e la pedemontana friulana hanno espresso una serie di mestieri poco comuni nel resto d’Italia. Si verificava spesso che gli abitanti di quasi ogni vallata, talvolta di ogni singola frazione o comunità, venissero associati ad una specifica professione lavorativa. L’identificazione con il proprio campanile, con il paese, s’intrecciava a quella con l’attività esercitata: si era, per esempio, di Alesso, di Avasinis, di Bordano, di Somplago o Cavazzo, tanto quanto si era muratore, carpentiere, ferraiolo o scalpellino, ecc.. Identità professionale e identità personale/culturale non erano disgiunte, ma unite. Difficilmente però i paesi, avari di risorse naturali e privi di possibilità di lavoro, potevano trattenere le professionalità in esubero. Il mestiere dei singoli, quindi, orientava e spesso perfino determinava la tipologia e la destinazione migratoria. I principali luoghi di migrazione, europei e transoceanici, erano spesso il risultato di catene migratorie consolidate, di solidi legami tra specifiche aree di partenza e di arrivo. Ad esempio, per i muratori, scalpellini di questa zona, fin dall’ottocento, Vienna e il suo Impero rappresentarono la principale meta migratoria.

Di solito l’arte lavorativa veniva appresa sul campo, poi, se vi erano le condizioni, eventualmente affinata in scuole professionali presenti sul territorio regionale. In precedenza solo la pratica mediante un apprendistato sul luogo di lavoro veicolava l’uso delle tecniche e dei segreti dell’arte, senza curare l’aspetto didattico formativo della professione.

L’Ecomuseo, dopo l’esperienza dei cantieri del paesaggio, ha pensato di proporre i cantieri della conoscenza proprio per valorizzare ed evidenziare aspetti importanti della cultura locale. Quest’anno è stato il primo in cui il cantiere è stato dedicato alle abilità dei mosaicisti.

Con la pandemia in atto, abbiamo dovuto limitare i posti disponibili per mantenere il prescritto distanziamento ed operare in sicurezza.

L’idea di proporre delle attività di apprendimento dell’arte musiva ha coinvolto persone diversamente giovani, quasi tutti alla prima esperienza, alle quali è stato proposto un programma adeguato alle loro capacità. Questo ha consentito ai partecipanti di iniziare a conoscere questa arte e, più in generale, i materiali utilizzabili.

Come d’abitudine il corso si è sviluppato su 5 incontri di quattro ore, nei quali era compresa una breve parte teorica nella quale sono state fornite le nozioni base per realizzare un piccolo mosaico con tema scelto dagli stessi partecipanti, utilizzando attrezzi classici per principianti come la pinza, la tenaglia e la spatola. Gli incontri sono avvenuti nell’ultima decade del mese di agosto, modificando la cronologia stabilita secondo le possibilità e le esigenze dei corsisti. Al corso hanno partecipato Manlio, Corinna, Claretta e Lorenzo, Sonia invece, all’ultimo momento, non ha potuto partecipare.